Il fallimento di Internet

Ciao a tutti, ecco un interessante articolo del fondatore di Twitter sul fallimento di Internet, già anticipato da numerosi altri autori, e da altri fenomeni come ad esempio il fallimento dei Big Data, della Finanza tradizionale (Digital Disruption a favore delle cripto valute), dal declino di alcuni Social (es. Facebook, Twitter etc…) etc… in cui anche io mi ci ritrovo in alcuni punti di riflessione.

Altra riflessione che mi ha colpito molto è che sui Social imperviano i sentimenti di indivia e gelosia, soprattutto proveniente dagli amici e parenti più stretti.

Inoltre i Social sono un grandissimo Data Base di Marketing per proporre offerte sempre più personalizzate in base ai nostri gusti (di navigazione), rilevati anche contro la nostra volontà, aggirando le leggi del diritto alla privacy.

La confessione del fondatore di Twitter: «Internet non funziona più. E scusateci per Donald Trump»

FONTE: http://www.corriere.it/tecnologia/17_maggio_21/confessione-fondatore-twitter-internet-non-funziona-piu-scusateci-donald-trump-0a58775a-3ddc-11e7-b817-1edf273dd83b.shtml

Evan Williams ha dato vita a Blogger, Twitter, Medium. E, in un’intervista al «New York Times», spiega perché, secondo lui, l’architettura del web sia in questo momento spezzata: «Favorisce gli estremi. Pensavo che il mondo sarebbe diventato automaticamente migliore se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi. Mi sbagliavo»

Eccola, dunque: «The Internet is broken», Internet non funziona più. Williams ne è convinto da anni (e per questo ha fondato Medium), ma «le cose continuano a peggiorare». Facebook usata per trasmettere omicidi; Twitter in preda a orde di troll; la diffusione di «fake news» con modalità e rapidità inedite. «Un tempo pensavo che, se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi liberamente e scambiarsi idee e informazioni, il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore. Mi sbagliavo».

Il punto, spiega, è che Internet «premia gli estremi. Se vedi un incidente mentre stai guidando, ovviamente lo osservi: e tutti, intorno a te, lo fanno. Internet interpreta un comportamento simile come il fatto che tutti vogliano vedere incidenti: e fa in modo che gli vengano forniti». «Il problema», continua, è che «non tutti siamo persone perbene. Gli umani sono umani. Non è un caso che sulle porte delle nostre case ci siano serrature. E invece, Internet è iniziato senza pensare che avrammo dovuto replicare questo schema, online».

Le implicazioni di queste riflessioni sono immense. Per il mondo della politica, ad esempio: «Trump ha detto che senza Twitter non sarebbe stato presidente? Se così fosse, mi spiace. Davvero». Un seguito, in fondo, di quanto detto all’Università del Nebraska, pochi giorni fa: «La Silicon Valley si percepisce come Prometeo, che ha rubato il fuoco agli dèi e lo ha consegnato ai mortali. Quel che tendiamo a dimenticare è che Zeus se la prese così tanto con Prometeo che lo incatenò a una roccia, così che gli uccelli potessero mangiarne le viscere in eterno. Qualcuno potrebbe ora dire che è quello che ci meriteremmo, per aver consegnato a Trump il potere dei tweet».

Ma l’impatto è immenso anche per il mondo dell’editoria: un campo dove, scrive il Times, l’opera di Williams ha avuto implicazioni paragonabili a quella di Gutenberg. Il fatto che Medium, basata non sulla pubblicità ma su una forma di abbonamento, non stia funzionando — a gennaio è stata costretta a licenziare un terzo dei dipendenti —, indica il rischio che l’architettura del web non sia fatta per supportare la qualità, ma la quantità. «I sistemi basati sulla pubblicità», spiega, «premiano inevitabilmente l’attenzione di molti utenti. Non possono premiare la risposta corretta. I sistemi pagati dai consumatori, invece, possono premiare il valore di un contenuto. La soluzione è una sola: le persone dovranno pagare per contenuti di qualità».

Gli sforzi dei giganti del web per sistemare quel che sembra un «errore di sistema» sono sempre di più: le modifiche di Google ai suoi algoritmi e la maggiore capacità di segnalare esiti inappropriati di ricerche; l’assunzione, da parte di Facebook, di migliaia di persone che monitorino in tempo reale i contenuti posti online da quasi due miliardi di esseri umani. «Credo che riusciremo a sistemare questa situazione», dice Williams, concludendo i suoi ragionamenti. «Ma il lavoro è appena cominciato. Vent’anni non sono un periodo troppo lungo, per modificare i meccanismi di funzionamento della società».

21 maggio 2017

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