Rischio di eventi cardiovascolari

Fonte: http://www.corriere.it/salute/cardiologia/12_marzo_22/infarti-ictus-rischi-meli_8fc2949a-56fe-11e1-a6d2-3f65acf5f759.shtml

Perchè ho una certa attenzione verso le malattie cardiovascolari ? Forse perchè ho avuto l’esperienza di mio Padre, forse perchè mi hanno diagnosticato un aneurisma AAA. Per fortuna che la mia azienda mi ha dato il benefit di poter fare un check up completo ogni due anni e ogni anno dopo i 40 anni, aimè molto vicini…

Dati statunitensi Infarti e ictus

 

 

 

Il pericolo reale è quasi sempre sottostimato Il calcolo del rischio di eventi cardiovascolari a dieci anni dà false sicurezze ai più giovani: valutando il pericolo nell’arco della vita si hanno stime più realistiche Un uomo di quarant’anni o giù di lì, mediamente in salute, decide di valutare il proprio rischio di andare incontro a infarti o ictus. Ma con gli strumenti attuali ci si limita a calcolare la probabilità di eventi cardiovascolari nei prossimi dieci anni: anche se il colesterolo non è perfetto e il nostro ipotetico volontario fuma qualche sigaretta, le sue chance di avere un infarto intorno ai cinquant’anni risultano tutto sommato basse. L’uomo allora si mette il cuore in pace e smette di preoccuparsi troppo per la dieta o i valori degli esami un po’ al limite. Un errore fatale, perché se fosse stato calcolato il rischio di eventi cardiovascolari nell’arco della vita la probabilità sarebbe risultata ben più alta, e il nostro uomo negli anni a venire sarebbe stato più attento a mantenere uno stile di vita più virtuoso. ALLARME – Tutti siamo nelle condizioni dell’ipotetico quarantenne, stando a una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine, secondo cui i metodi attuali per il calcolo del rischio cardiovascolare danno un falso senso di sicurezza a troppe persone, soprattutto giovani o di mezza età: essere a basso rischio nel breve termine non significa infatti esserlo anche per molti anni a venire, basta avere uno dei parametri fuori dalla norma (come colesterolo e pressione) per veder salire non poco la probabilità di guai a cuore e vasi non fra dieci, ma magari fra venti o trent’anni. Questo è il primo studio ad aver indagato con tanta precisione il rischio cardiovascolare a lungo termine in una popolazione adulta variegata per età, sesso ed etnia: si tratta del Cardiovascular Lifetime Risk Pooling Project, che ha seguito 250mila persone di diciotto diversi gruppi di popolazione per oltre 50 anni, valutando in ciascun partecipante a 45, 55, 65 e 75 anni fattori di rischio cardiovascolare come la pressione, il colesterolo, la presenza di diabete e l’abitudine al fumo. Il profilo considerato ottimale era quello di chi, senza terapie di sorta, aveva un colesterolo totale inferiore a 180 milligrammi/decilitro e una pressione più bassa di 120/80 mm Hg. RISCHIO ELEVATO – I risultati hanno dimostrato che nell’arco della vita la probabilità di avere un infarto o un ictus o di morire per cause cardiovascolari di un 45enne con tutti i parametri a posto è dell’1,4 per cento, ma basta avere un paio di fattori di rischio un po’ al limite per vedere la probabilità schizzare al 49,5 per cento; lo stesso vale per le donne, che hanno una probabilità del 4,1 per cento in assenza di elementi di rischio ma del 30,7 per cento se ce ne sono un paio. «Basta passare dall’avere tutti i parametri a livelli ottimali all’averne uno non più perfetto, ad esempio colesterolo o pressione di poco più alti del normale, per veder aumentare moltissimo la probabilità di un evento cardiovascolare nel corso della vita – commenta Donald Lloyd-Jones, docente di medicina preventiva alla Northwestern University e coordinatore dello studio –. Se ci focalizziamo solo su dieci anni diamo un messaggio fuorviante e troppo rassicurante. Un profilo non ottimale, ad esempio una persona che non ha il diabete e non fuma, ma ha il colesterolo fra 180 e 200 e la pressione a 130/90 (quindi nulla che richieda una terapia, ma valori diversi dal “meglio”), è comunque pericoloso, nel lungo e lunghissimo periodo». Dallo studio emerge anche che le donne sono più a rischio di ictus che di infarto e che gli afroamericani hanno mediamente pressione e glicemia più alte; ma il messaggio più importante, secondo Lloyd-Jones, è porre maggiore attenzione allo stile di vita: «Tutto ciò che riduce i fattori di rischio, dalla dieta all’esercizio fisico, deve essere messo in pratica con rigore e possibilmente fin dall’infanzia: questo garantisce una “buona partenza” e l’acquisizione di buone abitudini che saranno fondamentali per il resto della vita. La prevenzione è fondamentale sempre, a qualsiasi età, e non bisogna abbassare la guardia».

Elena Meli21 marzo 2012 (modifica il 22 marzo 2012)

 

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